Punti di vista da un altro pianeta

sabato 27 marzo 2010

Chemioterapia repubblicana /3

– E ora ci resterebbero da esaminare la più bella costituzione e il più bel tipo umano, ossia tirannide e tiranno.
– Precisamente.
– Su, caro amico, qual è il carattere della tirannide? È pressoché chiaro che risulta da una trasformazione della democrazia.
– È chiaro.
– Ora, non nascono in maniera pressappoco identica la democrazia dall'oligarchia e la tirannide dalla democrazia?
– Come?
– Quel bene che i cittadini si erano proposti come obiettivo e che comportava l'instaurazione dell'oligarchia, era la ricchezza eccessiva, non è vero?
– Sì.
– A rovinare l'oligarchia furono dunque l'insaziabilità di ricchezza e la noncuranza del resto, provocata dall'avarizia.
– È vero.
– Ora, a distruggere anche la democrazia non è pure l'insaziabilità di ciò che essa definisce un bene?
– Secondo te, che cosa definisce così?
– La libertà. In uno stato democratico sentirai dire che la libertà è il bene migliore e che soltanto colà dovrebbe perciò abitare ogni spirito naturalmente libero.
– Sì, è una frase molto comune.
– Ebbene, come or ora stavo per dire, l'insaziabilità di libertà e la noncuranza del resto non mutano anche questa costituzione e non la preparano a ricorrere fatalmente alla tirannide?
– Come?
– Quando uno stato democratico, assetato di libertà, è alla mercé di cattivi coppieri e troppo s'inebria di schietta libertà, allora, a meno che i suoi governanti non siano assai miti e non concedano grande libertà, li pone in stato d'accusa e li castiga come scellerati e oligarchici.
– Sì, si comporta così.
– E coloro che obbediscono ai governanti, li copre d'improperi trattandoli da gente contenta di essere schiava e buona a nulla, mentre loda e onora privatamente e pubblicamente i governanti che sono simili ai governati e i governati che sono simili ai governanti. Non è inevitabile che in uno stato siffatto il principio di libertà si allarghi a tutto?
– Come no?
– E così, mio caro, vi nasce l'anarchia e si insinua nelle dimore private e si estende fino alle bestie.
– Come possiamo dire una cosa simile?
– Per esempio nel senso che il padre si abitua a rendersi simile al figlio e a temere i figlioli, e il figlio simile al padre e a non sentire né rispetto né timore dei genitori, per poter essere libero; e che il meteco si parifica al cittadino e il cittadino al meteco, e cosí dicasi per lo straniero.
– Sì, avviene così.
– A questo si aggiungono altre bagattelle, come queste: in un simile ambiente il maestro teme e adula gli scolari, e gli scolari s'infischiano dei maestri e cosí pure dei pedagoghi. In genere i giovani si pongono alla pari degli anziani e li emulano nei discorsi e nelle opere, mentre i vecchi accondiscendono ai giovani e si fanno giocosi e faceti, imitandoli, per non passare da spiacevoli e dispotici.
– Senza dubbio.
– Però, mio caro, l'estremo della libertà cui la massa può giungere in un simile stato si ha quando uomini e donne comperati sono liberi tanto quanto gli acquirenti. E quasi ci siamo scordati di dire quanto grandi siano la parificazione giuridica e la libertà nei rapporti reciproci tra uomini e donne.
– Ebbene, con Eschilo non "diremo quel che ora è venuto alle labbra"?
– Senza dubbio, così dico anch'io. Consideriamo le bestie soggette agli uomini: nessuno potrà persuadersi, senza farne esperienza, di quanto siano più libere qui che in un altro stato. Le cagne, per stare al proverbio, sono esattamente come le loro padrone; e ci sono cavalli e asini che, abituati a camminare in piena libertà e solennità, cozzano per le strade contro i passanti, se non si scansano. E dappertutto c'è questa libertà. Mi stai raccontando proprio il mio sogno; quando vado in campagna, questo caso mi succede spesso.
– Ora, non pensi quanto l'anima dei cittadini si lasci impressionare dal sommarsi di tutte queste circostanze insieme raccolte, al punto che uno, se gli si prospetta anche la minima schiavitú, si sdegna e non la tollera? E tu sai che finiscono con il trascurare del tutto le leggi scritte o non scritte, per essere assolutamente senza padroni.
– Certo che lo so.
– Ecco dunque, mio caro, qual è a mio parere l'inizio, bello e gagliardo, donde viene la tirannide.
– Gagliardo, sì, rispose; ma che cosa viene poi?
– Quell'identico morbo, che, sorto nell'oligarchia, l'ha portata a rovina, sorge anche nella democrazia nascendo dalla licenza, e, più intenso e forte, la riduce schiava. In realtà ogni eccesso suole comportare una grande trasformazione nel senso opposto: cosí nelle stagioni come nelle piante e nei corpi e anche, in sommo grado, nelle costituzioni.
– È naturale.
– L'eccessiva libertà, sembra, non può trasformarsi che in eccessiva schiavitù, per un privato come per uno stato.
– È naturale, sì.
– È naturale quindi, che la tirannide non si formi da altra costituzione che la democrazia; cioè, a mio avviso, dalla somma libertà viene la schiavitù maggiore e più feroce.

La Repubblica, Platone - IV sec. a.C. (Libro VIII, 562a-564a)

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credit: foto di Anatol Kjashchuk

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